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Lunedì, 16 Aprile, 2018
Reati tributari

l’articolo 11, comma 1, del Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74 prevede che: “E' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l'ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.

Il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte prevede quindi il compimento di atti fraudolenti finalizzati a sottrarre dal patrimonio del soggetto i beni che l’amministrazione finanziaria potrebbe aggredire in caso di riscossione coattiva di imposte sui redditi, Iva, interessi o sanzioni, per un ammontare superiore a 50mila euro (con un’aggravante di pena per importi maggiori di 200mila euro).

La normativa in oggetto rappresenta una tutela nei confronti dell’Erario, volta alla conservazione del patrimonio sulle quali potrebbe rivalersi in caso di inadempimento del contribuente.

Il reato prevede l’esecuzione di vendite simulate o altri atti fraudolenti (ovvero espedienti artificiosi finalizzati a sottrarre garanzie in favore dell’erario o condotte comunque atte a vanificare l’esito dell’eventuale esecuzione tributaria coattiva).

Essendo un reato di pericolo, per ritenersi integrato è sufficiente che gli atti fraudolenti siano posti in essere per vanificare un’ipotetica procedura di riscossione coattiva.

La dottrina ritine comunque che per la commissione del reato sia necessaria almeno la conoscenza da parte del contribuente di un’attività di accertamento dell’amministrazione.