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Giovedì, 30 Luglio, 2015
Falso in Bilancio – nuova normativa

La nuova normativa sul falso in bilancio (si veda la ns. Circolare del 25/5/2015, n. 37/2015), Legge 27/8/2015, n. 69, è entrata in vigore in data 14/6/2015.

Se ne riassumono di seguito i tratti salienti, e si segnala l’incertezza normativa circa il “falso valutativo

Reato sempre punibile e più severamente

Il nuovo art. 2621, c.c., oltre a prevedere modifiche della fattispecie di reato in relazione al dolo, alla rilevanza dei fatti esposti e della loro concretezza a indurre in errore i destinatari delle comunicazioni, stabilisce che il reato sia sempre punito come delitto. Ne derivano pene detentive che possono andare da uno a cinque anni. Il limite di pena non consente però l’uso delle intercettazioni.

Per converso, il nuovo art. 2622, c.c. che riguarda specificamente la disciplina del falso in bilancio nelle società quotate prevede alcune modifiche della fattispecie in direzione di un inasprimento della pena.

Procedibilità d’ufficio e soggetti destinatari

Si trasforma il falso in bilancio in reato di pericolo anziché di danno, in quanto, i via generale, la procedibilità è d’ufficio anziché a querela.

I soggetti destinatari dei nuovi delitti di falso in bilancio sono sempre gli amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e liquidatori ma, per l’individuazione della condotta penale, che viene modificata rispetto alla previgente, occorre distinguere tre ipotesi: società non quotate, società quotate e società non fallibili.

Nuove pene

La nuova disciplina prevede, per le società non quotate la reclusione da uno a cinque anni, nessuna causa di esclusione della punibilità ma l’applicazione di pene ridotte per fatti di lieve entità (anziché l’arresto fino a due anni, con casi di esclusione della punibilità previsti dalla precedente normativa);

Per i soggetti non fallibili, non disciplinati nella normativa precedente, è invece prevista la reclusione da tre mesi a sei anni e che il delitto sia procedibile soltanto a querela di parte.

Casi di riduzione delle pene Lieve entità

Se i fatti sono di lieve entità, la pena è ridotta e va da un minimo di sei mesi ad un massimo di tre anni secondo il nuovo art. 2621 bis, c.c. La «lieve entità» viene valutata dal giudice in base alla natura e alle dimensioni della società e alle modalità o agli effetti della condotta dolosa.

Società non fallibili

La pena è ridotta da sei mesi a tre anni anche nel caso in cui il falso in bilancio riguardi le società che non possono fallire, ossia quelle che non superano i limiti indicati dal comma 2 dell’art. 1, Legge fallimentare. In questo caso il reato è perseguibile a querela di parte (della società, dei soci, dei creditori o di altri destinatari della comunicazione sociale) e non d’ufficio.

Società in crisi e concorso con i delitti tributari – punibilità del “falso valutativo”

Si prevedono nuove particolari fattispecie di false comunicazioni sociali, ascrivibili a società in crisi ovvero a rischio insolvenza, finalizzate a fornire una immagine artefatta.

Ricorrono in particolare taluni specifici artifizi che producono l’effetto di una sopravvalutazione dell’attivo ovvero dell’indebito mantenimento di un patrimonio netto diverso da quello effettivo. Ne sono un esempio: la sopravvalutazione delle immobilizzazioni materiali e immateriali, la capitalizzazione di oneri pluriennali, una mancata svalutazione o sopravvalutazione dei crediti, la sopravvalutazione delle rimanenze di magazzino, una falsa rappresentazione dei valori di cassa ovvero di depositi bancari operati sul bilancio e propedeutici a politiche di bilancio, ecc.

La punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all'1 per cento.

In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.

Molti fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero riportati od omessi in bilancio possono integrare anche fattispecie penali tributarie. Infatti, in taluni casi, il reato tributario e il falso in bilancio possono concorrere in una sola azione, non potendosi individuare tra loro un rapporto di specialità che comporterebbe l’applicazione della fattispecie speciale rispetto a quella generale.

Ma se da un lato sembra che la nuova normativa si sia mossa nella direzione di un inasprimento della pena, non è rimasta inosservata la falla relativa all’esclusione, nel nuovo testo, delle poste di bilancio sottoposte a criteri valutativi. Da un esame letterale, la nuova versione dell’art. 2622 sembra non prevedere più l’ipotesi di falso «ancorché oggetto di valutazioni», espressione prevista nella previgente normativa, ma espunta nel nuovo testo. Se fosse valida l’analisi meramente letterale del testo, sembrerebbe che siano oggi punibili unicamente i comportamenti attinenti l’esposizione di «fatti materiali non rispondenti al vero» ovvero l’omissione in bilancio di «fatti materiali rilevanti», dovendosi dedurre l’esclusione dal perimetro di punibilità delle poste liberamente apprezzate dai redattori del bilancio sulla base di criteri valutativi discrezionali.